articolo di Giuseppe Rusconi apparso sul ‘Corriere del Ticino’ del 25 settembre 2013.
«È una decisione, quella del popolo ticinese, che non ha una valenza religiosa e dunque non è contro l’islam. È stata soprattutto una decisione riguardante la sicurezza interna». Così il cardinale Antonio Maria Vegliò, rispondendo ieri in Vaticano a una nostra domanda sul voto anti-burqa di domenica, posta durante la conferenza stampa di presentazione del Messaggio di papa Francesco per la Giornata 2014 del migrante e del rifugiato. Per il presidente del Pontificio Consiglio ad hoc la questione non è di primaria importanza: «È piccola cosa. Se un Cantone svizzero vieta il burqa in luoghi pubblici, che problema c’è?» È evidente, ha aggiunto, che «se un poliziotto incontrasse per strada una donna velata da capo a piedi, non la potrebbe riconoscere e le potrebbe dire di togliersi il burqa». Anche il sottosegretario del Pontificio Consiglio per i Migranti, lo scalabriniano Gabriele Bentoglio, ha voluto rispondere alla domanda, ritenendo che l’argomento meritasse un approfondimento.
Il numero 3 del Consiglio vaticano ha inserito la questione nell’attuale tendenza, che si sviluppa a livello mondiale, verso la ricerca di un’identità in tempi di sradicamento come i nostri. Tuttavia è chiaro che la Chiesa cattolica e le organizzazioni umanitarie chiedono la creazione di un’identità-pro (aperta agli altri) e non un’identitàcontro: «Fino a quando si erigono baluardi di difesa, si è connotati da un’identità negativa, che non è una vera identità forte».
La realtà odierna, ha concluso Bentoglio, mostra che il tema non preoccupa solo i ticinesi, perché il dibattito si sta allargando a macchia d’olio, interessando molti Paesi.
