articolo di Giuseppe Rusconi apparso sul Giornale del Popolo di sabato 23 novembre 2013. Il fondatore di Repubblica incontra in una conferenza stampa i giornalisti della Stampa estera a Roma e racconta in dettaglio come è andata l’intervista con Bergoglio. Quest’ultima ha suscitato diverse polemiche per le parole “attribuite” al Papa. L’articolo amplia quanto già apparso su www.rossoporpora.org giovedì 21 novembre.
Quanto detto da papa Francesco nell’intervista di Eugenio Scalfari pubblicata da “Repubblica” del primo ottobre scorso va considerato con una certa cautela. Infatti, in un incontro con alcuni giornalisti della Stampa estera a Roma svoltosi giovedì 21 novembre, il fondatore del quotidiano della sinistra radicalchic ha illustrato il suo concetto di intervista, dando risposta a una nostra domanda: «Cerco di capire la persona intervistata e poi scrivo le risposte con parole mie». Così è accaduto anche nel caso di papa Francesco: «Sono dispostissimo a pensare che alcune delle cose scritte da me e a lui attribuite, il Papa non le condivida, ma credo anche che ritenga che, dette da un non credente, siano importanti per lui e per la sua azione». Scalfari, inviando per visione l’intervista al Papa, gli aveva allegato una letterina, in cui diceva tra l’altro: “Le debbo comunicare che ho ricostruito in modo che il racconto sia compreso da tutti. Tenga conto che alcune cose che Lei mi ha detto non le ho riferite. E che alcune cose che Le faccio riferire, non le ha dette. Ma le ho messe perché il lettore capisca chi è Lei”. Francesco, ricorda il fondatore di “Repubblica”, ha dato per due volte il via libera all’intervista così come era stata trascritta.
Una lettera papale del 23 ottobre
Ma c’è di più. In una lettera del 23 ottobre (dunque un mese dopo l’intervista e tre settimane dopo la pubblicazione) a Scalfari, il Papa lo ringrazia calorosamente (anche per “la dedica autografa”) per l’omaggio del libro “L’amore , la sfida, il destino”, aggiungendo tra l’altro: “Vediamo se la Provvidenza mi permetterà di trovare un momento libero per proseguire la conversazione”. Non è un modo di dire formale, poiché Francesco nello stesso scritto – letto da Scalfari durante l’incontro alla Stampa estera – “corregge” una proposta di argomento di conversazione avanzato dall’interlocutore. Se questi aveva proposto di discutere su “Chi ha creato il male”?, il Papa suggerisce di correggere il verbo così che la domanda suoni: “Chi ha causato il male”? Non è finita. A margine della visita di papa Francesco al Quirinale il 14 novembre, il Pontefice ha salutato in una saletta separata i senatori a vita Rubbia e Cattaneo, il maestro Riccardo Muti, la figlia di De Gasperi Maria Romana e lo stesso Scalfari. «Che piacere vederLa! Quand’è che ci rivediamo?». E Scalfari: «Lei spera che la Provvidenza ci lasci il tempo per farlo». Il Papa: «Spero che venga presto, anche per avere un po’ di tempo per riposarmi, così che avremo modo di rivederci».
Lo sviluppo dei contatti con il Papa
L’incontro alla Stampa estera con Eugenio Scalfari è durato circa due ore, per oltre tre quarti dedicati dal fondatore di “Repubblica” a evocare e precisare origini, sviluppi, forme e contenuti dei suoi rapporti con papa Francesco. Spiegando però prima che cosa intenda per intervista. Scalfari ha ricordato che fin dal 1949 svolge l’attività giornalistica, prima con “Il Mondo” di Pannunzio, poi fondando “L’Espresso” e nel 1976 “la Repubblica”. L’esempio addotto è calzante. Incontrando con qualche frequenza il giovane Scalfari a pranzo a Milano, l’anziano Quasimodo gli chiese una volta: «Quale dei miei libri di poesie ti piace di più?». Risposta: «La traduzione dei lirici greci, Alceo, Saffo…». E il poeta: «Ma ti ho chiesto quale dei miei, dei miei libri di poesie preferisci ». Risposta: «La traduzione dei lirici greci». Quasimodo: «Spiegami». E Scalfari: «La traduzione è un libro tuo, è una tua creazione, poiché tu li hai tradotti secondo il tuo modo di vivere la realtà». Capito? Che voleva dire Scalfari? Anche l’intervista, per lui, è una creazione dell’intervistatore. Tanto che la conduce non solo senza registratore, ma anche senza bloc-notes per gli appunti. Naturalmente, se l’intervistato è il Papa, qualche problema si pone, non foss’altro perché la parola del Papa è considerata fondamentale da milioni di cattolici. Perdipiù se è virgolettata, riferita come discorso diretto (è il caso dell’intervista di Scalfari). Evidentemente, se ora è chiaro che le parole del Papa non sono state riportate come pronunciate effettivamente, ma con il filtro dell’esperienza scalfariana, le si deve considerare con prudenza. Certo il Papa, nella sua grande umanità che include la ricerca tenace del contatto con ogni tipo di “periferia” (anche quella intellettuale di Scalfari), si è fidato e sembra non voler dare troppa importanza alle possibili conseguenze della “creatività” scalfariana. Più importante per lui è mantenere il contatto con tale “periferia”. Come ha detto più volte, meglio una Chiesa “incidentata” ma uscita dalle sacristie che una Chiesa tranquilla, però autoreferenziale e dimentica del contatto con la realtà spesso inquieta del mondo. Bisogna evidenziare che non necessariamente, se Scalfari ha riportato “creativamente” alcune frasi di Francesco, le ha sostanzialmente travisate. Le ha certo interpretate. Però l’interpretazione qui – e quella di Scalfari non fa eccezione – è rischiosa, poiché comporta il sorgere di malintesi e confusione tra i fedeli. Il che può essere anche una spiegazione del ritiro dell’intervista scalfariana dal sito internet del Vaticano (www.vatican.va) che riporta gli scritti papali. Sul chi ha deciso il ritiro il mistero è fitto. Se lo chiedi ai possibili interessati (Segreteria di Stato? Congregazione per la Dottrina della Fede? Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali?), si schermiscono e ti rispondono: “Pace e bene”. Giova ricordare che l’intervista di Scalfari era stata a suo tempo subito riportata integralmente da “L’Osservatore Romano”, organo ufficioso della Santa Sede. Nella conversazione con i corrispondenti dei giornali esteri Eugenio Scalfari ha detto anche molte altre cose su papa Francesco e dintorni, rievocando vivacemente alcuni momenti dei suoi rapporti con lui. Dopo la pubblicazione dei due editoriali di domande al Papa (7 luglio e 7 agosto), Scalfari riceve una lettera da Giovanni Angelo Becciu, Sostituto della Segreteria di Stato, in cui l’arcivescovo sardo riferisce che il Papa aveva letto gli articoli e avrebbe risposto per iscritto, non subito perché aveva molto da fare. Ringraziamenti di Scalfari, con l’aggiunta che il fondatore avrebbe preferito un incontro faccia a faccia. Più nulla per qualche settimana. Ma… Scalfari era in vacanza all’Argentario, quando gli telefona la colf ecuadoregna: «È arrivata una lettera con stemma vaticano». La apra. «C’è un primo foglio firmato da Becciu, in cui dice di trasmettere una lettera di papa Francesco». Quante cartelle? «Sono nove cartelle».
“Pronto, sono papa Francesco, buongiorno”
Scalfari torna a Roma e manda a prendere la lettera, datata 4 settembre, di cui prende visione. Telefona allora a Santa Marta: gli passano il segretario particolare mons. Alfred Xuereb (“È un maltese, con quel cognome deve avere antenati arabi”), Scalfari ringrazia e preannuncia la pubblicazione della lettera papale su “Repubblica”. Ciò che avviene l’11 settembre. Passa qualche giorno e poi, il 20 settembre, Scalfari riceve una telefonata dalla segretaria dalla “voce affannata”: «C’è il Papa al telefono!». Scalfari in un primo tempo dice di aver pensato a uno scherzo di un imitatore. Poi dalla cornetta fuoriesce una “voce inconfondibile”: «Pronto, sono papa Francesco, buongiorno». Santità, sono molto confuso. «Perché confuso? Lei mi ha chiesto un colloquio…». Il Papa, racconta Scalfari, «parla tra sé: mercoledì no, martedì… martedì. Le va bene? L’orario è un po’ scomodo, è alle 15.00. Se non Le va bene, cerchiamo un altro giorno». No, non è affatto scomodo. «Deve venire a Santa Marta». Da dove devo entrare? «Dal Sant’Uffizio, troverà qualcuno ad aspettarLa». Santità, ho letto proprio ieri l’intervista a “Civiltà Cattolica”… «L’ha letta tutta? Sì. «E non si è addormentato?» No, mi sembra importantissima. Scalfari vorrebbe abbracciare il Papa telefonicamente. Il Papa rimanda all’abbraccio fisico del martedì successivo, il 24 settembre. A Santa Marta la conversazione dura ottanta minuti. Alla fine Scalfari chiede al Papa: «Santità, Lei mi permette di dare pubblica notizia della conversazione e mi permette anche di raccontarla?». E il Papa: «Certo, la racconti». Scalfari: «Le mando la copia prima». Francesco: «Mi sembra tempo perso». Scalfari: «Non mi sembra tempo perso. Io ricostruisco, Lei fa le correzioni». Francesco: «Se Lei insiste… ma, ripeto: è una perdita di tempo. Di Lei mi fido».
Il Papa dà luce verde all’intervista
Elaborata l’intervista (che Scalfari preferisce chiamare “conversazione” o “dialogo”), il fondatore la invia al Papa scrivendo tra l’altro in allegato: «Le debbo comunicare che ho ricostruito in modo che il racconto del dialogo sia compreso da tutti. Tenga conto che alcune cose che Lei mi ha detto non le ho riferite. E che alcune cose che Le faccio riferire, non le ha dette. Ma le ho messe perché il lettore capisca chi è Lei». Passa un paio di giorni, poi telefona mons. Xuereb. «Il Papa mi ha dato l’o.k. per la pubblicazione». Ma il Papa ha letto la lettera accompagnatoria? «Questo non me l’ha detto». Glielo domandi, per favore. «Questa mattina è in giro. Torna alle due. Poi La richiamo». In effetti Scalfari viene richiamato alle due e un quarto: «Il Papa ha detto: Ridagli l’o.k.». E il giorno dopo, primo ottobre, l’intervista/ conversazione/dialogo appare su “Repubblica”.
Curia, intendenza, il Conclave del 2005
Rispondendo ad altre domande, Eugenio Scalfari ha raccontato i momenti del congedo da Santa Marta. Il fondatore di “Repubblica” esprime il desiderio che in una prossima occasione si parli del ruolo della donna nella Chiesa. E papa Francesco: «Ma la Chiesa è donna. E’ lo Stato che è uomo». Sulla Curia osserva il Papa: «C’è una Chiesa combattente ed è quella costituita dai fedeli, dai presbiteri, dai vescovi con cura d’anime. Al fianco ci sono i servizi dell’intendenza – io sono stato ordinario militare in Argentina – che si occupano delle necessità, delle divise, del rancio…». Per Scalfari papa Francesco «non è rivoluzionario, per niente, è molto tradizionalista» e tuttavia «cambierà in profondità la Chiesa». Non si può però dimenticare che la Chiesa “è un’istituzione” con strutture che sono necessarie alla sua sopravvivenza. Perciò, ritiene Scalfari, «non ci sarà un Francesco II, anche se sarà molto difficile che si riesca a smantellare le novità promosse dal Papa attuale». Poi Scalfari ricorda i suoi cinque incontri con il cardinale Carlo Maria Martini, che gli raccontò tra l’altro come si erano svolte le votazioni nel Conclave del 2005. Evoca Scalfari, citando Martini: dopo che i primi due turni avevano visto prevalere Ratzinger su Bergoglio (comunque attestato attorno ai 25 consensi), Martini riunì i suoi e chiese di spostare i voti sul cardinale bavarese, onde evitare che un terzo incomodo “in agguato” approfittasse della situazione di stallo. Chi era il terzo incomodo secondo Scalfari, che cita Martini? Il cardinale Ruini. E allora, continua Scalfari, sempre citando Martini: “Meglio Ratzinger di Ruini”. Così parlò Eugenio Scalfari giovedì 21 novembre 2013 durante l’incontro con i corrispondenti esteri in via dell’Umiltà 83c, nel centro dell’Urbe.