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Volentieri evidenziamo la notizia riportata da “Caffè Dunant nr. 585 del 30 maggio 2020”: “Libia: un centro sanitario continua la sua missione sulla linea del fronte” pubblicata sul sito del Comitato internazionale Croce Rossa. Traduzione non ufficiale di Maria Grazia Baccolo.

“Gli scontri sono un grosso problema. I bombardamenti si sono svolti qui vicino in diverse occasioni. Tutto sta iniziando a tremare intorno a noi. E dobbiamo chiudere (il dispensario) e scappare. Di giorno, il conflitto diventa più intenso. Viviamo nella paura, non sapendo quando una granata potrebbe colpirci tutti” ha dichiarato il dott. Wijdan Sabri.

Il Dott. Sabri lavora presso il centro di assistenza sanitaria di Khaled Ben Al-Walid ad Abu Salim, uno dei comuni della capitale libica. Situato a meno di due chilometri dalle frontiere meridionali di Tripoli, il comune di Abu Salim fu gravemente colpito dalle ostilità. Mese dopo mese, le persone cacciate dalle loro case a causa dei combattimenti hanno trovato rifugio ad Abu Salim, che oggi ha più di 16.000 famiglie sfollate, sparse in centri di accoglienza collettivi, ospitate dai parenti o che vivono in rifugi di fortuna.

Negli ultimi mesi, gli scontri si sono diffusi nei quartieri meridionali di Abu Salim, di cui tutti gli abitanti oggi sono vulnerabili a causa del fuoco incrociato. Mentre il rombo del fuoco di artiglieria si sente in lontananza, i bambini giocano fuori dalle case crivellate dai fori di proiettile. I genitori temono non solo per la sicurezza dei propri figli, ma anche per la propria, in questi tempi di conflitto e la pandemia di COVID-19.

Il dottor Sabri e la squadra del dispensario Khaled Ben Al-Walid sono quindi in prima linea nell’intervento sanitario di emergenza, ricevendo nello stesso momento i pazienti provenienti dai nuovi sfollati che soffrono di malattie croniche e anche fra le persone ferite nei combattimenti in corso.

“La nostra struttura dispone di numerosi servizi ambulatoriali, ognuno dei quali accoglie tra i 300 e i 400 pazienti al mese”, afferma il dott. Sabri. “A volte, durante i periodi di intensi combattimenti e nuovi spostamenti, vediamo arrivare fino a 700 pazienti; come potrebbe una struttura poco attrezzata come la nostra far fronte alla situazione? Da molto tempo abbiamo sofferto per la mancanza di risorse, ed era già molto difficile ottenere anche le cose più semplici, come maschere e guanti”.

Dal 2011, il sistema sanitario libico è messo male: le fasi successive al conflitto, la carenza di personale medico qualificato e finanziamenti insufficienti hanno combinato i loro effetti e lo hanno indebolito. Prima dell’ultima serie di combattimenti e del continuo afflusso di sfollati, oltre mezzo milione di persone avevano già bisogno di assistenza sanitaria; oggi, anche se le risorse stanno diminuendo, i bisogni sono in aumento e le strutture sanitarie primarie sono sottoposte a una pressione crescente.

Più della metà dei 15 centri sanitari di Abu Salim hanno dovuto chiudere a causa dei combattimenti. I restanti stabilimenti – compreso il dispensario Khaled Ben Al-Walid – hanno dovuto intensificare la loro attività, nonostante la mancanza di forniture e attrezzature. L’improvviso afflusso di ferite da arma al centro di traumatologia di Abu Salim non solo prosciuga le energie del personale medico sopraffatto, ma rischia anche di esaurire le risorse materiali già limitate dell’intero sistema sanitario del Municipio.

Infatti, per il dispensario di Khaled Ben Al-Walid – uno dei rari stabilimenti sanitari designati come centri di riferimento per i casi sospetti di COVID-19 – la pandemia ha solo aggiunto al ciclo demoralizzante dei bisogni infiniti e dei mezzi sempre più limitati.

“La pandemia COVID-19 costituisce una sfida quotidiana in più. Molti membri del nostro personale – molti dei quali sono sfollati internamente – hanno gradualmente lasciato la città di Tripoli perché non sono stati in grado di pagare affitti diventati esorbitanti. Quindi non lavorano più nei nostri stabilimenti” disse il dottor Sabri.

“Altri, allarmati dalla grave carenza di dispositivi di protezione individuale e dalla mancanza di formazione nelle misure preventive, hanno preso dei permessi per evitare di essere contagiati dal virus e infettare i loro cari”.

Per consentire a tutti i team medici di Abu Salim di continuare a fornire servizi alle popolazioni sfollate e residenti in totale sicurezza, il CICR sostiene sei strutture sanitarie del Municipio – incluso il dispensario Khaled Ben Al-Walid – fornendo loro dal un anno di attrezzature e forniture.Nonostante tutto, il Dr. Sabri e i suoi colleghi continuano a presentarsi nei loro posti di lavoro.

“Dopo circa 400 giorni di combattimenti, viviamo tutti nella paura. Una granata, un proiettile o un razzo potrebbero colpire in qualsiasi momento”, afferma il dott. Sabri. “Questa è la nostra più grande preoccupazione. Certo, la morte è ciò che tutti temono di più, ma qui è molto peggio: rischiamo di morire smembrati, a brandelli. Non è facile per noi continuare a svolgere le nostre attività quotidiane. La situazione è davvero stressante, a livello personale, psicologico e professionale”.

fonte originale in lingua francese al link: https://www.icrc.org/fr/document/libye-un-centre-de-sante-poursuit-sa-mission-sur-la-ligne-de-front.

https://www.icrc.org/fr/document/lybie-les-civils-paient-un-tribut-toujours-plus-lourd-un-conflit-qui-se-prolonge