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In occasione dei festeggiamenti per i 75 anni di Scuola Svizzera di Roma è stata costituita l’Associazione ex Alunni Scuola Svizzera di Roma.

Oggi 13 maggio alla presenza del consigliere federale Alain Berset ed il consigliere cantonale Stefan Kölliker accolti dagli alunni della scuola dell’infanzia e della primaria nel giardino della Casa svizzera si svolgeranno i festeggiamenti del Giubileo.

Volentieri riportiamo in memoria alcuni passi del libro di Alberto H. Wirth: “40 Anni Scuola Svizzera Roma 1946 – 1986 scritto il 30 aprile 1986”: “…i primi tentativi di creare una Scuola Svizzera a Roma ebbero inizio verso il 1935 per evitare ai giovani che frequentavano la scuola tedesca di essere esposti alla propaganda nazionalsocialista.
Le iniziative in tal senso non ebbero né potevano avere successo.
Mancava una spinta sufficiente; gli svizzeri di lingua tedesca si rifiutavano di credere che l’infatuazione nazionalsocialista potesse durare a lungo.
Durante l’estate 1943, dopo lo sbarco degli alleati in Sicilia, fu chiaro a tutti che il fronte sarebbe per la prima volta nella storia, dopo Annibale, risalito dal sud dell’Italia verso il nord e non viceversa e che ad un dato momento Roma avrebbe finito per trovarsi in prima linea.

Mentre perduravano e si prolungavano le vicende belliche, la Colonia svizzera sempre più spesso si incontrava al Circolo svizzero e cercava di prendere decisioni concordate. Tutti erano convinti che Roma, città aperta, non sarebbe mai stata bombardata. Fummo però anche tutti del parere che l’approvvigionamento della città con viveri, acqua e combustibili sarebbe stato molto aleatorio e quindi era meglio non esporre i nostri figli ad un’esperienza che, in modo particolar per i più piccoli (mancanza di latte), poteva avere effetti negativi sulla loro salute; vi fu quindi un esodo di bambini verso la Svizzera.

Sapevamo tutti che questo periodo sarebbe durato abbastanza a lungo e quindi cercammo soluzioni che evitassero di inviare i nostri figli presso parenti più o meno diretti che non avessero figli propri della stessa età. I figli miei e quelli degli amici Straub e Keppler furono mandati a Teufen, un piccolo paese lungo la ferrovia a scartamento ridotto San Gallo – Gais – Appenzell a cinque chilometri da San Gallo. Il Kinderheim Wachter che aveva il compito di sorvegliare i bambini fu un punto di riferimento per molti figli di svizzeri all’estero, in modo particolare d’Italia; e dalla vicinanza di San Gallo ebbe origine Il nostro rapporto con questa città.

Era un Kinderheim senza scuola. I bambini in età scolastica frequentavano la scuola elementare del paese e dal mese di maggio a settembre, beati loro, non mettevano le scarpe ai piedi.

Il 2 giugno 1944 gli Alleati arrivarono a Roma. Il 25 aprile 1945 finì la guerra. L’albergo Victoria era stato requisito dagli – Angloamericani, io ero diventato impiegato degli Alleati: «Civilian manager of a rest hotel», per cui avevo il diritto di circolare liberamente in tutta l’Europa e per di più di fare il pieno di benzina per la mia automobile gratuitamente ad ogni stazione di rifornimento militare o diplomatica. Fui quindi il primo non diplomatico svizzero a visitare da Roma la Confederazione.

Il 1° agosto 1945 arrivai a Teufen con la più giovane delle mie figlie, che era rimasta a Roma perché troppo piccola per essere inviata in Svizzera nell’estate 1943 insieme al fratello ed alla sorella. Arrivata ormai a cinque anni, doveva fare una cura di latte e di tranquillità, stando insieme a loro per ricreare il nucleo familiare.
Con mia grande sorpresa e disappunto constatai che i miei figli – e del resto anche i loro compagni che venivano dall’Italia – avevano completamente dimenticato l’italiano, non erano più bilingui. Capii subito che un reinserimento nelle scuole italiane sarebbe stato impossibile e che avrei dovuto trovare una soluzione, almeno fino a quando non si fossero reinseriti nella lingua italiana in modo tale da non apparire troppo «Teteski» e potersi affiatare con i loro compagni italiani, per i quali a quell’epoca tutto ciò che era pur lontanamente tedesco era in genere oggetto di risentimento.

Man mano che altri svizzeri ebbero il permesso di recarsi in Svizzera a visitare i loro figli, tornarono con la stessa esperienza. Fu allora che maturò nella mia mente la possibilità e la convenienza di creare una Scuola Svizzera a Roma; scuola che avrebbe dovuto funzionare solo fino al reinserimento dei nostri figli nelle scuole italiane.

La situazione delle scuole statali italiane era diventata oltremodo disagiata. Erano state praticamente tutte occupate dagli sfollati e, nelle aule che erano rimaste a disposizione della scuola, gli alunni si pigiavano in due e tre turni in classi di quaranta e cinquanta, specialmente nelle elementari.

Pregammo la signora Straub, moglie di un ingegnere della Ferrobeton, insegnante lei stessa, che si recava a Teufen a visitare suo figlio, di farsi presentare dalla direttrice del Kinderheim, signorina Watcher, la Kinderfralein che essa aveva scelto per i miei figli, e che doveva anche far da insegnante elementare per la miniscuola di Roma.

Nel frattempo la «Pro Juventute » svizzera, alla quale ci eravamo rivolti per aiuto quando trasferimmo i ragazzi dalla Svizzera a Roma, fece una inchiesta in proposito mentre provvide ad organizzare nel modo migliore il viaggio. Il 2 novembre 1945 una carovana di una cinquantina fra bambini, giovani ed adulti partì sotto la guida della signorina EIsa Waelly di Wattwil – che era stata da me ingaggiata quale assistente dell’asilo d’infanzia ed insegnante – e della signora Straub.

Le Ferrovie Federali Svizzere misero a disposizione del gruppo un vagone (durante o dopo la guerra i vagoni non superavano i confini dello Stato) che avrebbe dovuto portarli fino a Roma. A Milano i funzionari delle Ferrovie dello Stato si rifiutarono di farlo proseguire nel timore che, essendo in buone condizioni e provvisto di vetri a tutte le finestre, venisse preso di assalto dai viaggiatori in una delle innumerevoli fermate, dentro e fuori stazione, inevitabili a quei tempi.

La rete delle Ferrovie dello Stato era stata letteralmente sconquassata dalla guerra. Di tutti i ponti sul Po, ne era rimasto agibile solo uno fra Rovigo e Ferrara. Il gruppo quindi, partendo da Milano, passando per Verona e Venezia, toccò Padova, Rovigo, Ferrara per arrivare. dopo 24 ore a Bologna. Da Bologna, rimontando a Parma, passando per Sarzana, Pisa, Grosseto giunse a Roma dopo 52 ore dalla partenza da Milano. Era la tarda mattinata del 5 novembre 1945.

I genitori che avevano figli sul treno si davano il turno alla stazione perché a quell’epoca le informazioni sui treni erano molto vaghe; finalmente si seppe che un treno in arrivo da Civitavecchia portava con sé l’ormai famoso vagone. Tutti coloro che erano raggiungibili telefonicamente furono avvisati. Con somma sorpresa degli astanti uscì da un vagone, che aveva al posto dei vetri pezzi di compensato, una frotta di bambini dai sei ai quindici anni, puliti e lindi, ordinati ed allegri, che cantavano a gola spiegata «Wir sind die jungen Schweizer». La scena aveva qualcosa di surreale. La signorina Waelly, aiutata da alcuni genitori, era riuscita anche grazie all’aiuto della Croce Rossa a portare i suoi pupilli sani e salvi a Roma. Non aveva chiuso, occhio per 62 ore!

Dopo un paio di giorni durante i quali tutti i partecipanti alla trasmigrazione collettiva si rimisero in sesto con abbondanti dormite, cominciammo a, far scuola a casa mia, senonché il viaggio aveva avuto un effetto propagandistico tanto che eravamo già arrivati a ben cinque alunni; dopo un paio di settimane ne vennero altri quattro. Era impossibile farli venire tutti all’albergo Victoria, requisito dal comando alleato. Poteva considerarsi un paradosso che, mentre le ferite della guerra erano ancora aperte, in un albergo, praticamente angloamericano si aprisse una scuola straniera in lingua tedesca. Comunque, per una decina di giorni avemmo cinque alunni che studiavano in sala da pranzo e facevano ricreazione a Villa Borghese, dopo aver attraversata il Corso d’Italia sul quale ogni cinque minuti passava un’automobile od un tram della circolare interna.

La soluzione del problema dei locali, non entusiasmante, la trovammo servendoci delle stanze del Circolo svizzero, che a quel tempo aveva la sua sede nell’appartamento del pianterreno del Palazzo Moroni al n. 2 della Salita San Nicola da Tolentino, Era una soluzione di ripiega ma, faute de mieux, ne fummo felici e grati al Presidente del Circolo, l’indimenticabile Serafino Hensemberger, che, pur non avendo figli propri, fu sempre un grande amico e sostenitore della nostra scuola.

L’appartamento aveva pochissima luce anche in giornate di sole, la corrente elettrica veniva erogata in modo irregolare e scarso, le lezioni si tenevano grazie alla poca luce che potevano dare delle lampade a petrolio. Non mancava però l’aria di campagna grazie alla Caserma dei Corazzieri che aveva le stalle dirimpetto al Circolo svizzero. In questa situazione alquanto disagiata ebbi la fortuna di incontrare ad un ricevimento un certo capitano Hartman, inglese, capo dell’amministrazione dei beni nemici a Roma. Parlando del più e del meno gli prospettai il nostro problema logistico. Con mia somma sorpresa mi ritelefonò il giorno dopo, proponendomi di prender in affitto dalla chiesa luterana tedesca una parte dell’Istituto archeologico germanico, il cui stabile era di proprietà della chiesa stessa e che era vuoto, perché tutta la biblioteca era stata evacuata nelle miniere inutilizzate del Salzkammergut.

Fu così che ci trasferimmo a via Sardegna, in locali molto, troppo grandi per i nostri pochi alunni. Nel frattempo avevamo organizzato un giardino d’infanzia gestito a turno, volontariamente, dalla signorina Wissman e dalla signora Giangiabella. Avevamo anche organizzato le prime lezioni d’italiano. Serafino Hensemberger ed io, servendoci delle nostre rispettive falegnamerie, avevamo costruito venti banchi da scuola servendoci delle tavole di legno di pino delle casse alleate, nelle quali arrivavano dagli Stati Uniti le conserve di Corned beef e M & V, il famigerato Meat and Vegetables, base per un paio di anni dei nostri pasti. Alla fine dell’anno la scuola era arrivata a 10 alunni; le iscrizioni per l’anno seguente erano aumentate a 16. Cominciavano ad interessarsi alla nostra scuola anche alunni tedeschi, che, privi della loro scuola, si stavano aggregando alla nostra. Visto che la scuola ormai esisteva e se ne prospettava la continuazione, decidemmo che fosse l’ora di darle anche una veste legale. Il 25 maggio 1946, nella Sede del Circolo svizzero fu tenuta l’Assemblea Costituente della Associazione pro Scuola Svizzera di Roma con l’elezione del Comitato scolastico. I membri erano tutti genitori di alunni che avevano sin dall’inizio collaborato validamente alla sua creazione.

In seguito a ricerche durate diversi mesi, finimmo per trovare la villa all’uopo adattata che è tuttora sede della scuola. Era una villa di stile toscano, costruita dall’avvocato Cimino per sé e la sua famiglia. Morta la moglie, sposata la figlia e partito, il figlio per il Sudamerica, l’aveva data in affitto ad un fantomatico ente, che, come successivamente si constatò altro non era se non la guardia del corpo del Duce; «i Moschettieri del Duce», i quali potevano, a quanto pare, ma non ce ne siamo assicurati di persona, raggiungere la Villa Torlonia attraverso un passaggio sotterraneo.

Finita la guerra la villa era stata occupata da una compagnia di truppe indiane, i Sikhs, che però vi rimasero solo brevemente. Fu quindi presa dagli sfollati, …

Durante l’estate 1947 iniziarono i lavori di adattamento della Villa Cimino alle necessità della Scuola svizzera. Come primo lavoro fu smontato lo scalone d’onore che andava dal pian terreno al primo piano e se ne ricavarono due grandi stanze, oggi la segreteria e l’aula n. 12. Con denaro raccolto dalla Colonia svizzera di Roma e con un contributo di 4 milioni di lire da parte della Confederazione, si costruì l’aula che doveva servire da sala di ginnastica e riunioni per la scuola e sala per feste del Circolo svizzero di Roma.

La sala fu usata i primi anni anche quale sede del giardino d’infanzia. Essa diede al Circolo svizzero la possibilità di organizzare riunioni e feste che sarebbero state impensabili nella vecchia sede di via San Nicola da Tolentino.

La Scuola Svizzera, che iniziò le lezioni ai primi dell’ottobre 1948 nella nuova sede, era ormai una scuola regolare. Infatti le difficoltà dell’insegnamento nella scuola statale italiana, causate principalmente dalla difficoltà di reperire locali adatti per rimpiazzare le molte scuole occupate dagli sfollati e le prospettive negative di soluzioni rapide, invogliarono sempre più anche genitori italiani ad inviare i loro figli in scuole private.

Agli alunni svizzeri, di madre svizzera, a quelli tedeschi, la cui scuola era stata chiusa nel 1943, si aggiunsero man mano diversi italiani che, conoscendo genitori di nostri alunni, avevano appreso della serietà della nostra scuola. ln questo momento l’immagine prestigiosi della Scuola Svizzera era al suo apogeo. Il paese di Pestalozzi e di Dunant, il paese che era riuscito a, tenersi fuori dal conflitto mondiale ed aveva, per quanto possibile, lenito i dolori procurati in tante famiglie appariva, con la sua libertà di pensiero ed il suo relativo benessere, un buon punto di riferimento anche come guida ideale per la gioventù. Né va sottovalutato l’effetto, a quel tempo positivo, dell’emigrazione di disoccupati delle industrie belliche del settentrione nonché quello dell’opera benefica del «Dono svizzero per le vittime della guerra,» in campo sociale ed ospedaliero.

Il primo anno della scuola nella nuova sede registrò venti bambini nel giardino d’infanzia e 69 alunni in cinque classi elementari e tre medie (la quarta media che faceva parte della scuola dell’obbligo svizzera fu istituita l’anno successivo). In tutto otto classi con quattro insegnanti. Due maestre elementari insegnavano ciascuna in due classi mentre alla quinta elementare ed alle tre medie erano adibiti due insegnanti di scuola secondaria svizzera – uno per le materie letterarie, l’altro per la matematica e le scienze – i quali impartivano a turno, in classi composte ad hoc, le loro lezioni. Un insegnante per l’italiano completava l’organico della Scuola.
… continua”

Il 17 giugno 2022 avrà luogo la Festa di fine anno che quest’anno avrà una particolare valenza per la ricorrenza del giubileo.