La rubrica Antologia propone settimanalmente un’esplorazione letteraria della Svizzera per scoprire come è stata conosciuta e come ha visto il mondo e dei suoi scrittori ed intellettuali, per scoprire come questi hanno visto il mondo e ne sono stati osservati anche partecipando alla vita intellettuale loro contemporanea.
Suzanne Curchod meglio nota come Suzanne Necker, il suo cognome da sposata, nacque a Crassier (Vaud) nel 1739, si trasferì poi in Francia al seguito del marito, il finanziere svizzero e ministro delle finanze di Luigi XVI Jacques Necker, ed a Parigi aprì il suo salotto, l’ultimo dell’Ancien Régime. Scrisse “Mémoire sur l’Etablissement des hospices” nel 1786 e le “Réflexions sur le divorce” nel 1794 di cui abbiamo preso dei brani iniziando dall’introduzione scritta dallo stesso editore De Lescure che pubblicò l’opera nel 1881.
Riflessioni sul divorzio di M.me Necker
Studio letterario e morale su Madame Necker di M. De Lescure – prima parte
Madame Necker non era solo una donna bella e colta, spiritosa e amabile, padrona di una casa ospitale e di un salotto stimato, come ce ne erano tanti nel XVIII secolo; era una donna onesta e moglie modello, una madre esemplare, cosa assai più rara, e aggiunse ai suoi piaceri mondani, alle sue qualità sociali, questo tocco di originalità e, come si diceva allora, di singolarità, di una solida pietà, di una carità appassionata e di una irreprensibile virtù.
Non era certamente la sola, anche in una epoca in cui, nonostante l’esempio di Luigi XVI e di Maria Antonietta che restituirono merito alle virtù domestiche, c’erano ancora troppe mogli frivole e madri indifferenti, a cercare ed a trovare la felicità nei doveri della casa, nei sentimenti legittimi, ed a mostrarsi modestamente adorna al contempo dell’ammirazione e della stima degli amici, a testimoniare con il proprio esempio l’accordo possibile tra sentimento e ragione, tra il gusto dei lumi e l’amore del bene. Si potrebbero citare ancora quattro o cinque grandi nomi suoi contemporanei, degni di questa grave e gentile compagnia e che, del resto, il salotto puritano di Necker contava tra le sue amiche, se non tra i suoi familiari, la marchesa di Crequi, la marescialla di Beauvau, la duchessa di Choiseul, Madame Helvetius.
Nella storia dei nostri costumi, Madame Necker resta colei che ha distinto al massimo grado questa originalità del gusto dai piaceri onesti e dalla pratica dei suoi doveri e delle sue virtù domestiche, in un’epoca in cui le dottrine materialistiche avevano ancora molti sostenitori, dove le vittorie e le conquiste della galanteria, anche venale, avevano ancora molti seguaci, dove l’avvicinarsi della Rivoluzione non aveva ancora reso di moda la virtù e dove a praticarla si guadagnava solo una soddisfazione della coscienza smorzata forse dal timore di un certo ridicolo.
Questo timore turbò meno di altre Madame Necker, che presto aveva preso, come suo marito, la decisione di cercare solo consensi onorevoli e che, pur diventando francese, nello spirito, era rimasta sinceramente ginevrina, o piuttosto vodese, nel cuore. Del resto bisogna riconoscere che, se lei ha avuto il merito, cercando soprattutto l’onore di essere una moglie modello e una madre esemplare, questa sua nobile ambizione fu particolarmente favorita dalle circostanze perché era la moglie di Jacques Necker, il finanziere filantropo, il politico filosofo, il ministro riformatore, che apportò, per suo onore e sfortuna, nella frequentazione degli uomini e nell’esercizio del potere, le illusioni generose e pericolose di uno spirito dogmatico; fu lei la madre di Germaine Necker, futura Madame de Staël, la donna che ha avuto le più virili delle passioni e delle idee e il cui talento si è avvicinato di più al genio.
Questo doppio titolo sarebbe sufficiente alla gloria di Mademe Necker e, scritto sulla sua tomba, sarebbe già per lei un bell’epitaffio se la pietà coniugale e filiale dei suoi cari non avesse trovato consolazione nel pubblicare gli scritti ritrovati nelle sue carte e nell’ornare di una gloria letteraria postuma, la memoria di quella che aveva rinunciato a questa gloria da viva per il più toccante degli scrupoli e il più nobile dei sacrifici.
Questo tratto di eroismo intellettuale e morale chiude degnamente il nostro ritratto preliminare e giustifica la cura che metteremo nel rintracciare, con una certa curiosità di dettagli, la fisionomia di colei che ne fu capace, che ha scritto, in onore dell’amore coniugale, le “Riflessioni sul Divorzio”, e che, per l’onore dell’amore materno, ha acceso nel cuore di Madame de Staël quella fiamma sacra di una virtù che non fu mai spenta dagli errori delle idee e dai difetti delle passioni che ella mescolò a tante qualità, meriti, servizi e capolavori.
lib. trad. MdP