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In queste pagine dell’Antologia percorriamo alcuni momenti del libro di “Voyage pittoresque en Suisse et en Italie” di Jacques Cambry, pubblicato a Parigi nel 1801, anno IX del calendario repubblicano.

Cambry, nato il 2 ottobre 1749 a Lorient, (Francia) e morto il 30 dicembre 1807 a Parigi, è stato scrittore, storico e archeologo dilettante, appassionato della cultura gallica fu il fondatore dell’Accademia celtica.

Impregnato di una cultura classica che spaziava dalle scienze, alle lettere e all’arte fu un attento conoscitore della pittura europea e osservatore scrupoloso e curioso della società con interessi che spaziavano dal commercio all’agricoltura e all’industria, dalla storia a ogni aspetto della cultura, fu, tra le altre cose, Prefetto del dipartimento dell’Oise, membro dell’Accademia Etrusca di Cortona e membro della società d’agricoltura del dipartimento della Senna, come leggiamo all’inizio del primo volume dele suo “Viaggio Pittoresco”.

Voyage pittoresque en Suisse et en Italie

Introduzione – prima parte

C’è una stagione nella vita in cui l’uomo conserva ancora tutta l’energia della giovinezza e raggiunge la maturità della mente e della conoscenza che a malapena riesce a raggiungere intorno ai quaranta anni. È tempo di viaggiare: abbiamo la varietà di conoscenze nate dallo studio e l’esperienza del mondo; abbiamo la forza di resistere a grandi fatiche, alle imprese che affrontiamo con vigore; non ci accontentiamo dei sentieri frequentati dal piacere e dal lassismo, osiamo perderci per le strade nuove; gli stessi incidenti diventano piaceri; l’immaginazione aggiunge i suoi sogni alle sensazioni che provate; correggete immediatamente gli errori dei vostri affari, perdete quei pregiudizi da cui ci liberiamo solo lasciando la propria patria; nuovi libri, nuovi uomini, nuovi costumi, cambiano e affinano le vostre conoscenze e idee; la scena è più ampia, gli oggetti di comparazione si moltiplicano, tutte le facoltà dell’anima e dello spirito si espandono e ogni individuo raggiunge il grado di perfezione che la sua organizzazione e le sue attività gli permettono di raggiungere.

Mi sono pentito di non aver sfruttato al massimo tutti i benefici dai viaggi intrapresi in troppo giovane età: impegnato da sedici anni in un’opera che ha richiesto le più attente ricerche, stanco degli studi, ho deciso di fare un viaggio in Svizzera per distrarmi e in Italia per verificare sul posto i resoconti degli antichi autori. Tornato da questi due viagi ho ceduto alla tentazione di offrire al pubblico il risultato dei miei piaceri e delle mie osservazioni.

Un viaggio perfetto sarebbe una storia universale, perché tutto si compenetra nella natura e nella vita dei popoli: per stabilire l’origine degli abitanti dell’Italia, servirebbero volumi di ricerche e discussioni; per descrivere le sue rivoluzioni fisiche e morali; seguire le popolazioni che l’hanno abitata, penetrare lo spirito delle repubbliche che la compongono e i loro legami con gli altri stati europei; le colonie che ha diffuso in tutto il mondo, per descrivere i suoi prodotti naturali, i suoi i vulcani, le arti che ha generato, le sue favole, i suoi dei, le sue religioni, di nuovo sarebbe necessaria una storia universale.

Pretendere di far conoscere in un’unica opera lo stato attuale dell’Italia, indicare le curiosità di ogni capitale, di ogni villaggio, di ogni deserto, è copiare un lavoro già fatto; è riunire sotto lo stesso titolo, sotto lo stesso nome, il libro che ogni città ha scritto per l’istruzione dei suoi abitanti o dei viaggiatori che la visitano (che è indispensabile procurarsi). Non c’è nessun villaggio in Italia, che non vi fornisca le istruzioni necessarie per studiarlo bene; non c’è posto così selvaggio da non trovare un Ciceronè per guidarvi e istruirvi.

I lunghi dettagli sugli ostelli che cambiano, sul prezzo dei prodotti alimentari che varia, sul prezzo dei posti che tutti vi insegnano e che non trovate mai indicati in un libro così come lo è dal più semplice postiglione, non rientrano nel mio piano. Una moltitudine di sensazioni, di piaceri e di osservazioni si sono susseguite nell’anima mia durante due anni: proverò a comunicarne una parte a coloro che si degneranno di seguirmi; felice di essere utile al giovane che viaggerà, al vecchio che vuole ricordare ciò che vide, all’uomo incatenato ad una scrivania, che vuole dimenticare per un attimo l’aridità dei suoi calcoli, a quello chi, per mancanza di fantasia, non sa ciò che, viaggiando, deve vedere, sentire, studiare. A quegli esseri gentili che, sedentari per condizione, possono essere istruiti che dai libri.

Ma mi fermo, le mie pretese saranno presto quelle di un ciarlatano che presenta un rimedio per tutti i mali, un balsamo per tutte e le ferite.

Il Conte di C***. mentre era a Parigi nel 1788, ci ha parlato di un viaggio che avrebbe fatto in Svizzera con il Principe di W***., con dame inglesi e francesi, con alcuni uomini interessanti per i talenti o il loro carattere; ci ha esortato a unirci questa scelta compagnia, ci ha promesso che avrebbe appianato tutte le difficoltà, avrebbe risolto tutti gli imbarazzi, seminando rose sulla strada che stavamo per intraprendere; alcune tende dovevano essere preparate per le campagne dove avremmo potuto fermarci, strumenti di osservazione posti per permetterci delle scoperte; avremmo dovuto passare dal canto selvaggio del Grindelwald alla musica italiana che il principe portava al suo seguito. L’appuntamento era stato fissato per il 15 luglio a Ginevra.

 

trad. MdP

foto: pixabay