La rubrica Antologia propone un’esplorazione letteraria della Svizzera sia di alcuni suoi autori – per conoscere almeno una parte della produzione letteraria elvetica – che di testi che parlano della Confederazione. Lo scopo di queste brevi incursioni è di proporre un esempio di come la Svizzera è stata conosciuta e considerata e di come i suoi letterati si sono confrontati con il resto del mondo o l’hanno rappresentata. In queste pagine percorriamo alcuni momenti del libro di “Voyage pittoresque en Suisse et en Italie” di Jacques Cambry, pubblicato a Parigi nel 1801, anno IX del calendario repubblicano.
Cambry, nato il 2 ottobre 1749 a Lorient, (Francia) e morto il 30 dicembre 1807 a Parigi, è stato scrittore, storico e archeologo dilettante, appassionato della cultura gallica fu il fondatore dell’Accademia celtica. Impregnato di una cultura classica che spaziava dalle scienze, alle lettere e all’arte fu un attento conoscitore della pittura europea e osservatore scrupoloso e curioso della società con interessi che spaziavano dal commercio all’agricoltura e all’industria, dalla storia a ogni aspetto della cultura. Alla fine del ‘700 intraprese un viaggio in Svizzera e in Italia e, nelle prossime pagine, lo accompagneremo per un tratto della sua avventura visitando con lui la città di Ginevra e i suoi dintorni.
Voyage pittoresque en Suisse et en Italie
15 Luglio 1788
Alle cinque del mattino ero sul lago di Ginevra: il cielo era puro, le colline e le montagne riccamente colorate. Ho vagato a caso, lasciando che la barca vagasse vicino alla riva: a volte mi si offriva un sentiero battuto da giovani e alte ragazze che, alle prime luci dell’alba, vanno dalla campagna alla città, e tornano cariche di frutta e verdura; a volte ridenti praterie s’innalzano dal lago; si scopre il grande viale che porta alla casupola, la panchina su cui la bella ginevrina, un libro in mano, all’ombra di vecchi alberi, sogna la sera, della tenera Eloisa uno sfortunato Werther, ai suoi progetti d’amore o di amicizia. Mi sono fermato per qualche minuto in un’insenatura, per godermi il canto degli uccelli liberati dalle cure della loro nidiata, e il cinguettio dei loro piccoli, che provano il loro primo canto. Possiamo immaginare dopo lunghe ore di lavoro e le pastoie del grande mondo, quanto queste mattine di spensieratezza, di libertà, di abbandono alla buona natura, restituiscano linfa al nostro carattere, forza al nostro corpo, elasticità ai nostri muscoli e vigore al nostro spirito. Riposato dalle fatiche del viaggio, rallegrato da un tipo di sensazioni e di piaceri che mi erano stati proibiti per lungo tempo, mi sentivo un nuovo essere. Cercai di strappare ai barcaioli che mi conducevano, qualche racconto, qualche riflessione, qualche canzone ma fu inutile: i saggi ginevrini non cantano quasi mai e le loro vecchie signore non credono più ai fantasmi.
A tavola ho incontrato di nuovo le signore della sera precedente: desideravano fare il giro del lago via acqua; la gita è stata organizzata e mi hanno permesso di accompagnarle.
Ho trascorso la serata nella biblioteca della città; lì ho trovato il bibliotecario, il signor Senebier, un uomo noto per le sue opere meritevoli e per un catalogo ragionato dei manoscritti posseduti dalla biblioteca di Ginevra, un osservatore accurato, un fisico stimabile: questi elogi sono del tutto disinteressati, infatti, stanco senza dubbio della giornata di lavoro, debole di costituzione, rispondeva a malapena alle mie domande; non ho potuto che godere degli oggetti esposti alla vista del pubblico, decisi così, di esaminare i ritratti degli uomini famosi che scorsi nelle cornici. La mediocrità dei pittori che li hanno dipinti non ha permesso, in generale, di studiarne le fisionomie. Solo Tiziano, Raffaello e Van Dyk possono trasferire sulla tela la forma, la figura, il carattere e lo spirito degli uomini di cui hanno copiato i tratti. Tuttavia, mi ha fatto piacere vedere la testa di Calvino, con il naso affilato e il profilo sottile; Ezechiel Spanheim, il cui aspetto è nobile, ma senza molto carattere; Hugo Grotius, il cui volto è indefinito, morbido e pallido; la testa di Erasmo, non buona come quella che ho visto in Inghilterra, che ha qualche somiglianza con quella di Voltaire.
Mi sono divertito ad esaminare tutti gli autori della Riforma, questi essere ingegnosi e raffinati mancavano solo un poco di filosofia, un secolo illuminato, per essere immortali, Giovanni Hus, Girolamo da Praga, Wicleff, Zwingle, Melancthon, Giovanni Daillé, Lutero, ecc. ecc. In nessun luogo, forse, si potrebbe trovare una galleria di riformati così curiosa come quella che avevo appena attraversato.
La sera ho consegnato presso l’abitazione del signor de Saussure, che era in ivaggio, le lettere che avevo per lui.
Trad. MdP