Fine dell’ennesimo “governo balneare italiano”, come lo definivano nella I Repubblica.
Crisi economica, crisi ideologica, crisi culturale, crisi generale di un momento “anomico” di trasformazione che porta dallo” Stato Nazionale Italia” allo “Stato Membro di Eurolandia”, ovvero… …cosa si trova dietro l’angolo?
Queste settimane sono anomale, perché a ridosso di un’agenda che renderà “ingessata” la vita politica e istituzionale nel prossimo anno.
Ecco perché tutte le forze politiche e sociali, in ogni direzione, si stanno concentrando in questi giorni rendendo tutto più difficile.
Probabilmente ci sarà una verifica di governo, da cui potranno uscire due soluzioni.
La meno auspicabile è un governo di minoranza: un governo debole privo di maggioranza, almeno al Senato, con un appoggio formale che ne garantisca al massimo l’insediamento. Un governo che potrà fare poco, lo stretto indispensabile, per evitare di cadere sulla prima “scelta coraggiosa” ma che, poi, avrà la responsabilità politica di tutto.
E con questa dovrà affrontare la competizione elettorale.
Probabilmente tutto rientrerà in un nuovo equilibrio, sempre di larghe intese, basato sulla spendibilità politica del risultato: un PdL responsabile che “accetta suo malgrado” ma che porta a casa qualche risultato di immagine significativo, ed un PD altrettanto disponibile per il bene del paese che ha lavorato in questa direzione quale “salvatore della patria”.
Ci sarebbe la terza, quella di una diversa maggioranza politica, ma non praticabile nel breve periodo perché dovrebbero formalizzarsi spaccature chiare e nette nei gruppi PDL e M5S al Senato capaci di garantire una fiducia stabile per almeno 16 mesi.
Se questo scenario non aiuta nelle previsioni, almeno chiarisce che la semplificazione estrema di una crisi non aiuta la chiarezza.
Non dimentichiamoci che non è una semplice partita a scacchi, ma le nostre istituzioni, da cui discendono quelle decisioni che determinano il nostro futuro di vita ed oggi, anche più quello dei nostri figli.
In questo senso, chiedere chiarezza, responsabilità e rigore agli altri, passa prima dal chiederlo a noi stessi ed alla nostra eventuale parte politica.
Perché?
In primavera, ci sono le elezioni europee e un ciclo elettorale amministrativo che tocca circa 1/3 del paese.
Occorrono almeno cento giorni dallo scioglimento delle Camere per andare a votare.
Immediatamente dopo giugno nemmeno, perché si entra nel semestre di presidenza italiano della UE e sono chiarissime le ragioni di opportunità politica.
Per questi motivi o si vota prestissimo o se ne riparla nel 2015.
È questa la prima forza in gioco su tutto e tutti: spingono verso le elezioni sia i partiti che ritengono di poter migliorare la propria performance o essere determinanti nella formazione di un nuovo governo sia quelli che non vogliono una riforma della legge elettorale.
Sono, invece, contrari al voto tutti coloro che non sono certi di essere ricandidati, men che meno con una legge a collegi o peggio con le preferenze, gli oltre 400 parlamentari di prima nomina, che puntano a una legislatura per assicurarsi il vitalizio (irrinunciabile).
Conclusioni: come cittadini comuni corriamo il rischio di pagare le scelte di uno stato con una classe politica oligarchica, autoreferente e chiusa in una “turris eburnea” garantita dal “porcellum” e dai finanziamenti pubblici che nessuna componente politica sembra interessata a cambiare, aumentando, nel contempo le tasse e il costo della vita della gran massa dei contribuenti italiani.
Avremo un altro “Governo Lettino/Schettino”? Ai posteri l’ardua sentenza.
Prof. Fabrizio Traversi
Presidente Nazionale APIEUROMED
Associazione Piccola e Media Impresa Euromediterranea